Storie di tè
Il sapore amaro del Malawi (2007-2009) English Version
Quando io e Francesca pensammo che si potesse raccontare la giornata dei lavoratori nelle piantagioni di té, nacque subito la consapevolezza che il reportage dovesse essere affrontato in bianco e nero e non a colori. La scelta non fu puramente estetica, ma necessaria per evidenziare il racconto e non i luoghi o i panorami ricchi di colline verdi e strade rosse.
Scattavamo per raccontare, immaginando in anticipo il risultato da ottenere perché gli sforzi non fossero vani.
In molti scatti l'immagine dei personaggi non è a fuoco, è tagliata o in soggettiva per permettere al lettore di concentrare lo sguardo sui movimenti e sui particolari che altrimenti andrebbero persi.
C'era bisogno di un leggero filo conduttore che legasse esteticamente ogni scatto senza mai andare oltre o diventare un simbolo. L'ombrello del "guardiano" ad esempio, diventa così segno della differenza di ruoli, filo conduttore insieme ai secchi che le donne usano quotidianamente, ma anche un tributo a Salgado, uno dei più grandi fotografi viventi che, con le sue piantagioni di té in Rwanda, ha scritto la storia della fotografia di questo secolo.
Lo sguardo timido, infreddolito e paziente di Margareth apre il reportage e invita lo spettatore a scoprire i personaggi che, come in un romanzo, sono la chiave della storia. Donne e uomini si alternano in una danza teatrale con le piantagioni come scenario in un lavoro continuo di raccolta, peso e lavorazione.
Ognuno ha il suo ruolo: chi raccoglie, chi pesa, chi controlla, chi guida un trattore e chi lavora negli uffici; tutti sono accomunati da un solo obiettivo: raccogliere il tè.
E' sera ormai, il sole è al tramonto ed i lavoratori tornano a casa. Margareth rientra alla sua vita; il suo secchio è ben in equilibrio sulla testa, mentre il suo capo con l'ombrello torna a casa.
Quando si scelse lo scatto che chiudesse la storia volevo un lieto fine come la conclusione della giornata di lavoro.
Quello scatto è lo specchio del reportage, ci sono tutti gli elementi che lo compongono e le schematiche dei personaggi e così il guardiano con l'ombrello è al centro della scena, a fuoco e illuminato da una luce intensa, mentre Margareth proprio per la sua posizione sociale è sfocata e ai margini dell'immagine, quasi invisibile.
Il racconto si è realizzato nelle incantevoli piantagioni di té del Malawi facendo coincidere esperienze di vita con complesse strategie fotografiche.
Negli ultimi tre anni, abbiamo viaggiato molto e trascorso diversi mesi accanto ai lavoratori e questo ci ha permesso di avere una buona conoscenza del territorio, dei luoghi e dei personaggi così da entrare in sintonia con la storia in un mondo così distante, lontano, ma nello stesso tempo molto affascinante.